Esplorazione

Esplorazione

28 ottobre 2014

10 - IDROGEOLOGIA DEGLI ACQUIFERI CARSICI

L'idrogeologia non è soltanto una materia accademica. Trae il suo interesse economico dagli aspetti legati alla ricerca, allo sfruttamento e alla tutela delle risorse idriche. Tecnicamente parlando, infatti, un acquifero è un corpo idrico ubicato nel sottosuolo suscettibile di uno sfruttamento idrico. In queste brevi note, esploreremo l'acquifero carsico, cioè quella parte di sistema carsico dove l'acqua scorre, si accumula e riaffiora. Esploreremo gli acquiferi per estendere la nostra conoscenza sui sistemi carsici. La parte di un sistema che l'uomo può esplorare direttamente, resterà sempre largamente inferiore alla sua complessiva estensione. Ciononostante, potremmo trarre molte informazioni dall'osservazione di quei fluidi che attraversano il sistema nel suo sviluppo: l'aria e l'acqua. Dell'aria, abbiamo già detto in passato, e altro si aggiungerà in futuro. Ora, non dovrebbe stupire che molte informazioni sul sistema carsico provengano da osservazioni idrogeologiche. Del resto, è proprio l'acqua, l'agente che ha costruito quel vuoto che chiamiamo grotta.

File:Tracer test.jpg 

Iniezione di un tracciante ottico - Ph. A. Kùcha

E' sempre possibile eseguire osservazioni fisiche e chimiche all'esterno del sistema carsico, in superficie; misurare i parametri meteorologici dell'aria, ricostruire l'andamento delle precipitazioni in un determinato periodo. E' possibile compiere osservazioni fisiche e chimiche dei parametri dell'aria e dell'acqua in particolari punti del sistema carsico. Talvolta, è anche possibile osservare l'acqua presso le risorgenze e trarne misure di portata, temperatura e caratterizzarla dal punto di vista chimico, cioè produrre i cosiddetti chemiogrammi. Tuttavia, il completo percorso dei fluidi, resterà, come già espresso, incognito, chiuso in una scatola nera.

THE BLACK BOX - Spesso si sente parlare del modello black box. La locuzione significa scatola nera e si riferisce alla formulazione di teorie circa il funzionamento di un sistema incognito, a partire dall'osservazione delle condizioni in ingresso e in uscita dal sistema stesso. Nel nostro caso, il metodo si applica all'osservazione dello stato dei fluidi che attraversano il sistema carsico, all'ingresso e all'uscita da questo, alla determinazione di quale correlazione intercorra tra le misure in input e output, e alla formulazione di una teoria circa il funzionamento schematico e la geometria del sistema carsico incognito; the black box, appunto.

SCHEMA DI UN SISTEMA CARSICO - Da un punto di vista funzionale, è utile schematizzare lo sviluppo di un sistema carsico dividendolo in zone. Esiste una zona di alimentazione dell'acquifero, dove le acque meteoriche penetrano al livello della superficie topografica nelle fratture dell'ammasso roccioso. Tale zona, prossima alla superficie, ha uno spessore dell'ordine dei metri ed è denominata epicarso. E' caratterizzata da un flusso verticale. In altri casi, le acque di scorrimento superficiali svaniscono all'interno d'inghiottitoi, in altri ancora, le acque di un acquifero adiacente, filtrano verso l'acquifero carsico senza essere visibili dalla superficie.

S'individua, poi, una zona di trasferimento, caratterizzata anch'essa da un flusso verticale temporaneo, che si sviluppa lungo le fratture principali e i pozzi. Alla base del sistema carsico, si sviluppa l'acquifero vero e proprio, dove si distingue una zona di scorrimento a pelo libero (zona vadosa), caratterizzata da oscillazioni del livello piezometrico anche decametriche, e una zona satura o freatica, permanentemente allagata, che costituisce il serbatoio vero e proprio, e dove l'acqua è immagazzinata, in parte nel reticolo di fratture e, per una minor parte, nei grandi vuoti.

La parte altimetricamente più bassa del sistema carsico è costituita dalla cosiddetta zona di emergenza, dove trovano luogo le sorgenti, perenni o temporanee, ubicate a giorno, ovvero sotto il pelo libero di un recettore (lago, fiume, mare). La zona di emergenza può non essere nota, o direttamente visibile, se l'acquifero si trova a diretto contatto con un acquifero permeabile che riceve le acque di filtrazione.

SCHEMA DELLA CIRCOLAZIONE DELL'ACQUA - Da un punto di vista della circolazione dell'acqua, la struttura drenante di un sistema carsico, o reticolo carsico, può essere definita:

a) circolazione a primario dominante, se esistono delle vie di drenaggio preferenziali verso le quali convergono i rami di ordine superiore e che presenta a valle, condotti sifonanti o allagati, risorgenze e l'assenza di una vera e propria zona satura tradizionale;

b) circolazione dispersiva, se si verifica l'assenza di vie preferenziali di scorrimento. E' presente una zona satura tradizionale e la circolazione è dispersiva e avviene attraverso la rete di fratture.

I due tipi di circolazione possono essere entrambi presenti nel medesimo sistema carsico e interessare parti diverse, ovvero possono attivarsi in tempi diversi a seconda dei tiranti idraulici. Frequentemente si assiste a una:

c) circolazione a dreni interdipendenti, dove numerose vie di drenaggio sono collegate in maniera interdipendente e la direzione del flusso nei condotti, come l'esistenza di risorgenti temporanee ("scarichi di troppo pieno"), dipende dalle condizioni idrauliche del sistema. A valle, si possono riconoscere più serbatoi semindipendenti ("SerSem") e la circolazione nella rete di condotti e delle fratture è semidispersiva, con un flusso dell'acqua dai condotti verso le fratture circostanti, in regime di piena (condotte in pressione) e un'inversione dello stesso flusso, con la restituzione dei fluidi, in regime di magra.

IL REGIME IDRAULICO – La portata dei corsi d'acqua sotterranei e delle sorgenti si misura in litri al secondo [l/s] e subisce nel tempo variazioni che sono in diretta relazione con le precipitazioni meteorologiche che interessano il bacino idrogeologico che li alimenta. Le misure di portata effettuate nel tempo possono essere disegnate su un grafico tempo/portata che si chiama idrogramma o curva di esaurimento della sorgente. Una rappresentazione grafica della relazione che esiste tra l'intensità delle precipitazioni e la portata dei corsi d'acqua sotterranei e delle sorgenti è possibile mediante la lettura combinata degli ietogrammi ("pluviogrammi") e degli idrogrammi.

La forma della curva di esaurimento di una sorgente, descrive sia la risposta dell’acquifero alle precipitazioni, sia l’organizzazione del sistema di drenaggio. L'idrogramma si rivela ancora più utile se esaminato insieme alle variazioni dei parametri qualitativi dell’acqua (chemiogrammi). Durata e intensità delle precipitazioni influenzano la forma dell'idrogramma dei corsi d’acqua superficiali, come le caratteristiche del bacino idrografico (forma, dimensione, pendenze, densità del drenaggio, litologia e vegetazione).




Idrogramma di piena (blu), conducibilità (rosso) e temperatura (arancio) della Sorgente di su Cologone nel novembre 2013 (tratto da A.Cossu, J.De waele, et alii, 2014)

Rocce impermeabili mostrano idrogrammi con un picco di portata molto netto a causa del piccolo immagazzinamento e rapido flusso, mentre invece, i bacini idrogeologici costituiti da formazioni permeabili tendono ad avere risposte ritardate e più piatte. L’idrogramma di un sistema carsico vadoso tende ad avere picchi molto netti, simili a quelli dei corsi d’acqua superficiali. Nel caso di gallerie freatiche e quindi di un flusso idrico in gallerie sature a monte della sorgente, la risposta è simile a quella di una serie di affluenti che si gettano in un lago.

Alcuni idrogrammi sono del tipo a “denti di sega”, altri hanno curve più piatte o a debole pendenza. Nell’interpretazione dell’idrogramma è importante inoltre sapere se stiamo analizzando tutto il flusso uscente dal bacino idrogeologico o parte di esso (Tratto da: A.Fileccia, 2009).


Esempi di chemiogrammi e delle morfologie dell'acquifero ipotizzabili, da A.Fileccia

I TRACCIAMENTI – Gli esperimenti di tracciamento consistono nell'introdurre un prodotto nel flusso dell'acqua in un inghiottitoio o lungo un fiume sotterraneo, al fine di caratterizzare univocamente la provenienza del fluido e di individuare eventuali collegamenti, a valle, con un'altra parte del sistema.

Molti prodotti possono essere usati come traccianti: l'uranina (fluoresceina), la rodanina, il Tinopal ®, il Leucophor ® sono traccianti che possono essere rivelati per la caratteristica colorazione che impartiscono all'acqua. La presenza di questi traccianti può essere rilevata a occhio, per concentrazioni dell'ordine di una parte su un milione (ppm) o, con l'utilizzo del fluorimetro, anche in concentrazioni dell'ordine di una parte su un miliardo (ppb), o anche meno (fluocaptori).

Naturalmente, le caratteristiche del tracciante da utilizzare nell'esperimento devono essere studiate con particolare attenzione in relazione a: tossicità e "accettabilità ambientale", anche a basse concentrazioni; interazione con la frazione solida dell’acquifero, interazione con le modalità di trasporto fluido (il tracciante non deve modificare la porosità e la conducibilità idraulica dell’acquifero), facile rilevabilità, assenza di una concentrazione pregressa di tracciante  nell’acquifero.

Altri traccianti comunemente utilizzati per la caratterizzazione degli acquiferi sono i traccianti radioattivi (tritio), le spore, come i pollini, ovvero i batteri o i virus, naturalmente non patogeni, le spore artificiali a galleggiabilità neutra (microsfere di plastica), i sali tracciabili per conducibilità elettrica, come i cloruri.

Abbandonando per un momento l'argomento dei traccianti, è da notare che, diluendo opportunamente il comune cloruro di sodio nelle acque fluenti, è possibile determinare la portata di un corso d'acqua con metodo chimico, con misure di conducibilità elettrica dell'acqua a valle del punto di immissione.

Durante il tragitto sotterraneo, una parte del prodotto sarà adsorbita da depositi argillosi o resterà assorbita in estese aree filtranti sabbiose o intrappolata in sacche di acque morte. Parte del prodotto, infine, perderà le caratteristiche di rilevabilità. Ciononostante, i risultati delle prove di tracciamento, oltre a fornire risultati qualitativi (collegamento-non collegamento), forniscono anche risultati quantitativi. Lo studio di una curva di restituzione (concentrazione/tempo) alla sorgente può dare indicazioni molto utili per la comprensione della geometria e il funzionamento dell'acquifero.

CHEMIOGRAMMI - Le acque di diversa origine possono essere distinte per via della diversa temperatura o della diversa impronta chimica. Le variazioni di portata alla sorgente, ad esempio, sono associate a variazioni di qualità chimica delle acque. L'intensità della fratturazione e dell’estensione del carsismo possono essere evidenziate dalle variazioni di composizione chimica, analizzate insieme alle variazioni di portata. Talora, anche nelle sorgenti che mostrano scarse variazioni di portata durante l’anno, possono essere notate forti variazioni in temperatura, conducibilità, concentrazione degli ioni in soluzione, pH.

In occasione delle piene, i chemiogrammi hanno una forma a impulsi, in sequenza e talvolta sovrapposti, dovuti a acque di composizione e quantità leggermente diverse provenienti da sub bacini con caratteristiche proprie. Combinando variazioni chimiche e di portata mostrate dai grafici si possono separare i volumi scaricati dall’acquifero nei diversi eventi di piena.

La misura di alcuni parametri dell'acqua, tipicamente la temperatura, la conducibilità elettrica (EC, e quindi il TDS -vedi sotto), il pH, costituisce, in primo luogo, un argomento di ricerca ai fini della caratterizzazione statistica dell'acquifero, e degli studi ambientali in genere, inclusi quelli relativi alle componenti biotiche e allo stato di salute degli habitat.

In secondo luogo, ma non per questo con minore importanza, le osservazioni circa i parametri chimici dell'acqua forniscono uno strumento di prospezione geochimica utile per effettuare tracciamenti con parametri ambientali, per caratterizzare e distinguere acque di provenienza diversa e per determinare se, in un determinato ambiente del sistema carsico, le acque siano aggressive, neutre o incrostanti. Tale comportamento potrebbe anche variare attraverso le stagioni o nel tempo, e fornisce  uno strumento esplorativo  acuto, in quanto potrebbe permettere di stabilire se le acque in questione provengano da un ambiente piuttosto che da un altro, o se siano direttamente in relazione con la superficie, o se ancora posseggano un potere aggressivo o incrostante tale da far prevedere l'evoluzione del carsismo a valle.

GEOCHIMICA DELLE ACQUE DI GROTTA – I fenomeni carsici coinvolgono sistemi a tre componenti: l'acqua, l'anidride carbonica e il carbonato di calcio. La classificazione dei fenomeni carsici basata sul numero delle componenti coinvolte nel processo carsico distingue fenomeni di carsismo (a tre componenti), ipocarsismo (con meno di tre componenti) e ipercarsismo (più di tre). Esempi di processi ipocarsici (con meno di tre componenti) sono, ad esempio, le grotte in quarzite e nel gesso (2 componenti), nel ghiaccio e le grotte di scorrimento lavico (1 componente) o le grotte di origine tettonica e di erosione (zero componenti).

Quando invece sono coinvolti più di tre componenti si parla di ipercarsismo. Questi fenomeni sono comunemente ascrivibili ad ambienti idrotermali ma possono avere rilevanza anche in situazioni "normali".

Il carsismo dipende essenzialmente dalla corrosione della roccia da parte delle acque. L'acqua pura scioglie poco il carbonato di calcio (16 mg/l). Però l'acqua in contatto con l'atmosfera contiene disciolta una piccola quantità di CO2 che rende acida l'acqua e che é sufficiente a aumentare la solubilità del carbonato di calcio. Nel suolo, sotto una copertura vegetale o sotto la neve, l'acqua si arricchisce ancor più di anidride carbonica, e può disciogliere anche alcune centinaia di mg/l di carbonato di calcio.

Raccolta dell'acqua per determinare i parametri chimici

Nella CO2 in soluzione (determinata dalla pressione di CO2 nell'atmosfera sovrastante), si distinguono la porzione libera (in soluzione sotto forma di acido carbonico) e quella legata, combinata con i sali in soluzione perché andata a disciogliere il carbonato di calcio. All'equilibrio la soluzione non é aggressiva. Si ha una ben determinata quantità di CO2 libera e una di CO2 associata ai carbonati, e quindi un pH della soluzione ben preciso. In pratica, all'equilibrio c'e` una relazione che lega temperatura, pH, e concentrazione di CaCO3, e tutto ciò che serve, per misurare tali parametri, è una comune sonda multiparametrica del costo di un centinaio di euro che misuri, appunto temperatura, pH e conducibilità elettrica. Un consiglio per chi inizia: l'analisi qualitativa dei suddetti parametri può già fornire interessanti spunti. La misura di differenze di temperatura, pH e conducibilità tra acque all'interno di uno stesso sistema sono come degli indizi di uno scenario in cui si muove un investigazione della polizia scientifica. Si sta già facendo prospezione geochimica: individuare tendenze dei parametri, valori di soglia, anomalie puntuali o plume; spesso i valori "strani" balzano all'occhio e c'è il tanto da costruirci una teoria sopra.

Il tenore di CO2 nell'atmosfera di grotta è variabile, dallo 0,03% dell'aria standard, fino a oltre il 3% in presenza di materiale organico marcescente, e la parte di gas disciolta nell'acqua varia con esso. Così, se si discioglie un'ulteriore quantità di CO2, la soluzione diviene aggressiva e il pH della soluzione è inferiore a quello di equilibrio. Per pH superiori al pH di equilibrio, la soluzione è satura di carbonati e si ha deposizione. La misurazione del pH dell'acqua e della temperatura è un indicatore dell'aggressività dell'acqua. Dalla misura della conducibilità elettrica, si risale poi alla concentrazione dei sali disciolti (TDS, Total Dissolved Solid), che, in ambiente carsico e` principalmente (80-90%) la CaCO3. Questa misura permette di valutare se gli equilibri delle reazioni chimiche sono spostati a sinistra oppure a destra e quindi se l'acqua è aggressiva (corrode la roccia) oppure se tende a depositare i sali in essa disciolti.

L'aggressività dell'acqua cioè la capacità di sciogliere il calcare (calcite e dolomite) dipende dalla concentrazione di CO2. L'acqua di origine meteorica (pH teorico pari a 5,6) che passa nel terreno può arricchirsi di CO2 e diventare aggressiva. Questo succede se l'acqua attraversa terreni ricchi di acidi organici e in condizioni relativamente fredde, perciò gli ambienti più favorevoli allo sviluppo del carsismo sono quelli coperte di vegetazione e con clima temperato.

Però l'acqua di infiltrazione satura di CO2 diventa ben presto satura di carbonato, quindi il suo effetto corrosivo è pressochè limitato alla zona superficiale. La concentrazione della CaCO3 disciolta nell'acqua in un sistema carsico cresce andando dalle zone di assorbimento fino alle risorgenze. Essa varia a seconda del regime idrico che ha regolato il trasferimento dell'acqua e delle condizioni di scambio con la roccia: fessure e vaschette con flussi lenti hanno acque molto sature, condotti con flussi veloci portano acque con minor saturazione.

La corrosione dei massicci nelle zone profonde ha luogo poiché le acque delle piene arrivano in profondità in condizioni sottosature a causa del veloce trasferimento all'interno del sistema. Quando l'acqua diviene sovrassatura si ha precipitazione di carbonato di calcio. All'interno della grotta questo dà luogo agli svariati fenomeni di concrezionamento. Quando la precipitazione avviene alle risorgenze si generano tufi e travertini (tratto da M.Corvi, 2001).

STRUMENTI - Un misuratore portatile, con sensori combinati di temperatura, conducibilità e pH ha l'ingombro di un telecomando TV e un costo di circa 100 €, variabile in funzione delle caratteristiche. L'acqua da caratterizzare dev'essere prelevata in maniera che il volume di misura sia rappresentativo. L'acqua di un corso d'acqua fluente, sarà campionata al centro della corrente, l'acqua di una marmitta possibilmente al centro, né in superficie, né sul fondo, l'acqua di stillicidio potrà essere campionata facendo attenzione al fatto che si tratti di condensa superficiale o flusso superficiale, o di percolamento. Il recipiente di campionamento dovrà essere preliminarmente sciacquato con la stessa acqua da campionare. La durata della misura è di alcuni secondi, non di più, perché in breve possono variare le caratteristiche di temperatura e di CO2 disciolta, e quindi il pH.

Il tipo di indagine in corso, condiziona le modalità di misura. Il rilievo geochimico in condizioni stazionarie (cioè le condizioni al contorno non sono ritenute variabili, il regime idraulico è permanente, le condizioni meteo, stabili, etc) lungo un corso d'acqua fluente, o delle acque di stillicidio, potrebbe produrre dati utili, ad esempio, se questi fossero acquisiti nello stesso momento (a breve distanza di tempo), alla ricerca di una variabilità spaziale. Viceversa, i dati misurati nello stesso punto (sorgente, stillicidio, etc) durante un evento transitorio (piena, piogge intense) potrebbero rivelare un'interessante variazione temporale dei parametri.

In poche righe è difficile dare indicazioni generali sulle tecniche di campionamento e, soprattutto, sulle tecniche di trattamento dei dati e analisi, tuttavia è necessario verificare sempre che lo strumento sia tarato e che le misure siano registrate con la posizione, con l'indicazione del momento della misura, dell'operatore e del tipo di strumento utilizzato.


Sandro Demelas (sandrodemelas@gmail.com)

Nessun commento:

Posta un commento

Critiche e commenti son bene accetti!