Esplorazione

Esplorazione

28 ottobre 2014

1 - RIFLESSIONI SULLA SICUREZZA

Parlare di sicurezza in ambito speleologico significa studiare il pericolo, nelle forme in cui può manifestarsi in grotta, con l'obiettivo di ridurre il rischio di un incidente. Studiare il pericolo significa dotarsi degli strumenti che consentano una valutazione oggettiva dell'ambiente di grotta, in generale e, in particolare, della progressione di gruppi di speleologi diversi per assortimento, esperienze, condizioni fisiche. Ridurre il rischio significa dotarsi dello strumento che consenta di misurare in metri e centimetri quanto lontani ci si trovi dalle condizioni che potrebbero generare un incidente, e della bussola che indichi in quale direzione muoversi per mantenersi alla giusta distanza dal pericolo.



La misura della "giusta distanza" è stabilita collettivamente, anche se assume valori diversi da persona a persona. In fondo, la sicurezza è sempre una questione di "giusta distanza". Probabilmente, il principiante si muove per la maggior parte del tempo a una grande distanza dal pericolo. Non è escluso che, inconsapevolmente, gli capiti talvolta di trovarsi a una distanza troppo breve da una situazione pericolosa. Viceversa, chi ha acquisito competenza, tende a muoversi lungo una traiettoria che lo porti a una distanza minore dal pericolo; distanza che, anch'essa, può rivelarsi troppo breve.

Con questo non voglio affermare che ai fini della sicurezza non conti essere molto o poco competenti, al contrario. Ma essere competenti, essere "addestrati", avere acquisito la tecnica, non basta. Bisogna anche saper decidere quali nozioni applicare. E bisogna saper imparare dalle proprie esperienze.

Una significativa percentuale di "inesperti" e "principianti", pur avendo seguito con profitto i corsi di introduzione alla speleologia, non imparano dalle proprie esperienze. Come in tutti i processi cognitivi ciò che più conta, è la volontarietà dell'atto di apprendere e la capacità di rielaborazione critica dell'esperienza vissuta. A ciò deve seguire il tentativo di applicare la conoscenza appresa, al fine di acquisire, in un ciclo teoricamente infinito, nuova esperienza.

L'esperto acquisisce nuova conoscenza attraverso l'esperienza mentre l'inesperto apprende attraverso l'addestramento, e matura una competenza, ma non riesce o non vuole poi applicare tali nozioni all'esperienza. L'attività formativa, oltre a dare notevole risalto ad aspetti tecnici o scientifici, dovrebbe focalizzarsi ad insegnare agli allievi come contestualizzare fatti, principi e regole. Gli allievi non devono apprendere a pensare come esperti, ma a imparare come esperti.

(liberamente tratto da: Rischio valanghe e trappole euristiche, di A.Cagnati e I.Chiambretti)

Queste osservazioni vorrebbero contribuire a creare le condizioni adatte perché quello speleologo che guardi il mondo con curiosità, si interroghi, poi, con le domande appropriate, condizione necessaria perché, poi, trovi dentro di sé la risposta che cerca.

L'AREA DI RISPETTO

È indubbio che esista un'area di rispetto dove l'uomo contemporaneo si confronta con la legge naturale, libero di poter scegliere e di sbagliare, anche al costo della propria vita.  L'esistenza di tale area è un'esigenza collettiva e individuale. Non è mia intenzione approfondire se tal esigenza sia moralmente giusta o sbagliata, o se tale area di rispetto sia il relitto antropologico di un mondo antico dove il confronto con l'ambiente naturale era il presupposto per la sopravvivenza. Non è nemmeno interessante analizzare qui le ragioni che portino alcuni a confrontarsi estaticamente con l'ambiente naturale, o altri a assaporare semplicemente l'effetto ipnotico dell'adrenalina.

Eppure quest'area di rispetto esiste, tra le vette delle montagne, nella vastità degli oceani, o all'interno della terra. Ognuno di noi lo chiama in un modo diverso, nell'alpinismo, nella navigazione, nella speleologia, pur indicando il medesimo luogo emotivo. L'opinione pubblica chiama questo luogo: avventura, sport estremo, no limits; io lo chiamo semplicemente "esplorazione"; del mondo, di me stesso. Alcuni lo chiamano "gene di Ulisse". Si tratta del coraggio di superare un limite ed esplorare l'ignoto. Banalmente, è ciò che permette, passo dopo passo, il progresso dell'uomo. Senza coraggio, avremmo ancora paura di scendere dall'albero, uh, uh, uh.

La nostra società è “sicuritaria”, orientata all'incremento della sicurezza sociale e dell'ordine pubblico. In una certa misura, l'opinione pubblica è avversa alla libera iniziativa; condanna e scoraggia l'esistenza della suddetta area di rispetto, cercando di imporre al cittadino scelte definite sicure, ovvero poco costose dal punto di vista dei costi sociali.

Nello stesso tempo, s'incoraggia il ricorso alle vie legali per qualsiasi incidente, proprio perché sia giustificato l’intervenire sempre più spesso con nuove normative e vincoli al comportamento delle persone; e il legislatore è quasi “invocato” da una pubblica opinione sempre più livellata.

Gli esploratori corrono rischi: per loro però, che se fossero protetti da una qualunque disciplina legale vedrebbero semplicemente la disintegrazione del loro motivo di esistere, per loro è essenziale l’auto-responsabilizzazione.

Il singolo deve rispettare il pericolo: acuire le proprie intuizioni, migliorare il proprio equilibrio interiore, “sentire” l’ambiente, allenare il fisico, auto-limitarsi nell’uso di strumenti tecnologici, attribuire grande importanza alla scelta dei compagni e darsi regole etiche, anche nell’eventuale chiamata di un soccorso, in una miscela sempre variabile di informazioni, strumenti, tecnologie ed equilibrio psico-fisico in armonico rapporto con la performance che vuole compiere. Lo scopo non è quello di eliminare il pericolo, che è parte integrante dell’ambito di gioco, quanto di diminuire responsabilmente il rischio.

La difficoltà di questo rapporto è complicata da un concetto che non è estraneo all'esplorazione. Il rischio è associato al doppio significato di rischio-opportunità. Un evento incerto può essere fonte non solo di esiti negativi, ma anche positivi. Il termine inglese “risk” ben si presta a tale distinzione, un po’ meno intuitiva nel contesto italiano. Nell’accezione negativa il rischio è definito Downside Risk, mentre nella sua accezione “positiva” esso è definito Upside Risk.

E’, infatti, normalmente ritenuto “positivo”, alla conclusione di un’impresa molto rischiosa, che il protagonista goda di fama e riconoscimento sociale: esattamente come si può guadagnare un’ingente somma di denaro in borsa da un investimento “ad alto rischio”.

Prima di pensare al giudizio della cronaca e della storia, il protagonista dovrebbe riflettere fino al fondo di se stesso, e saper riconoscere quanto della sua esposizione al rischio sia stata in realtà dovuta alla sete di riconoscimenti, quanto cioè si rincorra un upside risk, e quanto si sia animati da motivazioni interiori.

(liberamente tratto da BANFF Mountain Film Festival)

L'alpinismo, sport epico per eccellenza, è accompagnato sin dalla sua nascita, dalla posizione di problemi etici, che hanno goduto spesso della notorietà delle prime pagine. La speleologia, invece, coerentemente con la poca esposizione alla luce del sole delle sue attività, ha sofferto di una minore attenzione "mediatica" rispetto all'alpinismo. O, forse, i suoi filosofi hanno ricevuto, nel corso del tempo, minor credito, rispetto ai cugini alpinisti, forse per quell'aura meno nobile che li avvolge, e che rischiara il buio ma produce l'inconfondibile odore di acetilene; o forse per il fango, chissà.



La storia riporta numerosi tentativi di riconciliazione tra gli uomini, l'alpinista e la montagna; molti meno, quelli tra gli speleologi e il mondo terreno. Se gli speleologi dovessero produrre una dichiarazione d'intenti simile alla dichiarazione UIAA sull'Etica in Montagna, questa suonerebbe così.

Estendi i tuoi limiti, innalza il tuo spirito e punta al fondo!

1) Gli speleologi praticano il loro sport in ambienti nei quali vi è il rischio di incidenti e dove un soccorso può non essere disponibile. Con questo principio in mente, s'impegnano nella speleologia a loro rischio e sono responsabili della loro sicurezza. Le azioni dei singoli non devono mettere in pericolo altre persone né danneggiare l'ambiente. Ad esempio, forare o demolire la roccia non può essere considerato come accettabile a priori.

2) I componenti di un gruppo devono essere preparati ad accettare compromessi  fra  i bisogni e le capacità di tutto il gruppo. L'esplorazione avrà certamente maggior successo quando i componenti si aiutano e incoraggiano a vicenda.

3) Ogni persona che incontriamo in montagna o in grotta merita la stessa misura di rispetto. Anche in luoghi isolati o in situazioni di stress dobbiamo sempre trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi stessi.

4) Quando siamo ospiti in paesi stranieri, dobbiamo sempre comportarci con rispetto e cortesia. Dobbiamo mostrare considerazione per la popolazione locale e la sua cultura: sono i nostri ospiti. Dobbiamo rispettare lo stile e l'etica di esplorazione del posto, e non fissare attrezzature o ancoraggi dove questo è contrario all'etica tradizionale del luogo o dove non esistono regole. Dobbiamo rispettare i monumenti naturali, le montagne sacre e gli altri luoghi d'interesse archeologico, culturale e ambientale; e cercare di aiutare e sostenere l'economia e la gente del luogo. La comprensione della cultura locale fa parte di una completa esperienza speleologica.

5) Dobbiamo essere preparati ad affrontare emergenze e situazioni che portano a incidenti seri o alla morte. Tutti i partecipanti alle attività di grotta devono chiaramente comprendere i rischi e i pericoli e il bisogno di avere adeguate capacità, conoscenze ed equipaggiamento. Devono essere pronti ad aiutare gli altri in caso di emergenza o incidente, a sacrificare gli obiettivi per assistere gli altri in difficoltà, ed anche essere pronti ad affrontare le conseguenze di una tragedia.

6) Crediamo che la libertà di accedere a montagne e grotte in modo responsabile sia un diritto fondamentale. Dobbiamo praticare sempre le nostre attività in modo sensibile all'ambiente ed essere proattivi nel conservare la natura e il paesaggio. Dobbiamo rispettare sempre le limitazioni di accesso concordate fra alpinisti, autorità locali e organizzazioni per la protezione dell'ambiente.

(liberamente tratto dalla Dichiarazione UIAA sull'etica in montagna, vedi ad esempio qui)


Sandro Demelas (sandrodemelas@gmail.com)

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